La città partecipata
Dal 2008 Associazione Mimosa– assieme a Banca Etica, il Comune di Padova, Confesercenti ed altri soggetti istituzionali e privati -è impegnata in un Progetto di rivitalizzazione e riqualificazione dell’Area antistante la stazione ferroviaria di Padova. E’ un’area urbana che si presenta come una delle più complesse e disgregate della Città interessata dalla metà degli anni ’90 da una serie di fenomeni di disagio e conflittualità sociale.
Si tratta di un’area cittadina di particolare rilevanza, sia luogo di residenza che di lavoro, concentrandosi in essa numerosi uffici ed un discreto numero di esercizi commerciali, ma anche zona di alto transito per tutti coloro che si recano dalla stazione – 18 milioni di persone all’anno, 50.000 in media al giorno – al centro storico per lavoro o studio od anche per turismo. Nelle immediate vicinanze delle stazioni ferroviarie, tuttavia, come avviene in gran parte delle città italiane, sono presenti alcuni fenomeni fonti di disagio ed insicurezza per il territorio, quali la presenza dello spaccio di stupefacenti, ma anche la presenza di persone senza fissa dimora, tossicodipendenti e non ultimo la presenza di un elevato numero di immigrati. Non a caso nel territorio operano alcuni servizi di tipo sociale (tra cui le Cucine Popolari della Caritas). Altra importante caratteristica del territorio è una forte e crescente presenza di esercizi commerciali gestiti da immigrati. Se questo da un lato è un forte ed importante elemento di integrazione sociale di una parte della popolazione migrante, spesso, anche a causa di campagne di informazione superficiali e sommarie, finisce per essere una fonte di disagio ed ostilità da parte della cittadinanza. L’atteggiamento della popolazione autoctona nei confronti delle persone immigrate che gestiscono negozi o delle persone che vivono in condizioni di emarginazione è di crescente diffidenza che talvolta genera comportamenti discriminatori se non xenofobi. I residenti prevalentemente anziani della zona, che veniva considerata il “Parioli” di Padova, dichiarano di vivere chiusi in casa e di temere d’uscire soprattutto nelle ore del tardo pomeriggio/sera quando la zona si desertifica e rimane in balia di fenomeni di disagio sociale.
Nonostante la centralità della zona, non sembra rilevante la presenza di “vita” serale e notturna così che la cittadinanza residente sente maggiormente un “cambio di pelle” della zona nelle ore serali e si sente in preda all’insicurezza ed alla paura durante la tarda sera e la notte, alimentando retroattivamente la spirale della tensione. È sicuramente a causa di tale conflittualità che, come nel resto della Città, d’altra parte, nell’area sono nati alcuni comitati di cittadini, che spesso tentano di intraprendere iniziative volte a dare risposte fai-da-te a situazioni di grande tensione sociale. A queste si aggiungano altre iniziative promosse dall’Amministrazione Comunale o dal Consiglio di Quartiere che come quelle dei comitati sono risultate sporadiche e poco efficaci perché noncoordinate tra di loro. È dunque un territorio che presenta una notevole complessità e che ha meritato senz’altro uno studio approfondito nei suoi vari aspetti e fenomeni, per comprendere quali strategie possano efficacemente favorire una qualità della vita migliore. Se infatti a livello di servizi il territorio è senza dubbio uno dei migliori della città, dal punto di vista sociale per quanto detto sopra la situazione appare tutt’altro che questa.
Cosa è stato fatto sinora quindi?
Partendo da una ricerca condotta sul territorio e con il territorio sulla qualità della vita, si è giunti all’individuazione di proposte operative orientate e poi sviluppatesi sul versante della rivitalizzazione sociale e culturale della zona, sul versante della riqualificazione economica e sul versante dell’inclusione sociale di soggetti in stato di emarginazione sociale. Tutte queste azioni hanno riportato “vita” lì dove, dopo una certa ora, l’area andava desertificandosi. A queste ha concorso una forte partnership rappresentata dal tavolo interistituzionale che ha collaborato attivamente al progetto sia in termini di analisi alle problematiche che nella proposizione di azioni. Attraverso il suo progressivo allargamento alle realtà del privato sociale, ai comitati cittadini, associazioni di categoria ed altri, la partnership ne ha guadagnato in risorse umane, organizzative ed economiche che hanno permesso la realizzazione di azioni di rivitalizzazione commerciale come mercatini di Natale ed il primo Farmers’ market padovano, e le attività di rivitalizzazione dell’area attraverso momenti di aggregazione come feste di quartiere ed eventi culturali. Un’équipe di mediazione dei conflitti oltre a promuovere l’integrazione socio-culturale tra esercenti ha rappresentato e continua a rappresentare una risorsa fondamentale per la moderazione dei conflitti presenti nella zona per la presenza di fenomeni di emarginazione sociale.
Tra le iniziative più riuscite vi sono gli eventi culturali ed artistici organizzati nel periodo estivo negli anni 2010-2011-2012. Questi eventi sono stati in grado di richiamare e miscelare le persone rompendo gli stereotipi ghettizzanti sul degrado e l’invivibilità e hanno rappresentato la risposta più forte alla richiesta di recupero di siti urbani degradati e della dimensione normale della socialità.
Negli eventi organizzati sono stati coinvolti personaggi di primo piano del panorama culturale italiano quali tra gli altri :
Gian Antonio Stella e Gualtiero Bertelli con “Negri, Froci, Giudei & Co.”
Luca Bassanese e Domenico Finiguerra con “Un Nuovo Mondo è possibile”
Ascanio Celestini e Matteo d’Agostino con “La Fila Indiana – Il razzismo è una brutta storia”
Filippo Tognazzo, Guido Ostanel e La Piccola Bottega Baltazar con “La cattiva strada-Ballata per Fabrizio De Andrè”
Durante la realizzazione del Progetto “La Città Partecipata” la rivitalizzazione di un’area connotata come “degradata” ed “invivibile” – come la giudicano i suoi residenti e lavoratori – è impresa molto complessa e richiede molti anni di lavoro. Complessa per il fatto di dover necessariamente prendere in considerazione tutti i livelli ed i fattori che rendono vivibile un luogo o un contesto e va affrontata in tempi lunghi, con un approccio culturale che non da risultati sempre nel breve termine. Simili e fortunate esperienze europee e nazionali lo insegnano.